Nuntio Vobis Gaudio
in esposizione fino a sabato 6 ottobre
Alessandro Di Vicino Gaudio
Mercoledì 19 settembre alle ore 18 si inaugura la mostra personale di Alessandro di Vicino Gaudio presso lo Studio Bolzani, galleria Strasburgo 3, 20121 Milano, in collaborazione con la Galleria Schubert. Alessandro Di Vicino Gaudio nasce a Napoli nel 1985. Si diploma nel 2004 in “Pittura e decorazioni pittoriche” all’Istituto Statale d’arte “F. Russoli” di Pisa. Nel 2015 vince il contest “Art on iconic shapes” con il trittico “Icon makes icons” che viene esposto a Milano e Bari insieme ad opere di Banksy e Obey. Nel 2016 partecipa ad Affordable Art fair Milano e Art Innsbruck. Sempre nel 2016 la prima mostra personale alla Galleria Schubert intitolata Hybrids. Nel 2017 espone a Parigi nella Galleria Carrè d’artistes, ad ARTe Sindelfingen a Stoccarda ed è finalista a Firenze del concorso d’ arte EneganArt 2017 con l’opera “Entertainment war”. Nel 2017 la sua seconda mostra personale presso la Galleria Schubert intitolata “Ego · Jump · a dive into the future”. Nel 2018 espone ad ARTMUC a Monaco di Baviera e alcune sue opere sono esposte presso Carré d’artistes a Madrid. Nello stesso anno, con Galleria Schubert e Studio Bolzani partecipa a Paratissima Milano presso Base Milano. Ora alla sua terza mostra personale affronta nuovi temi in nuovi scenari. La mostra intitolata “Nuntio Vobis Gaudio – DEADLY SINS – The mirror of a society” affronta il tema dei vizi capitali. Guidati dal giovane Di Vicino Gaudio, il pubblico entrerà in una narrazione visiva tipica del suo personalissimo modo di fare arte. Una interpretazione sensibile ed attuale di un argomento laicizzato quanto basta per entrare nel nostro lessico quotidiano. Dalle distopie narrateci nelle precedenti mostre, si passa oggi ad un nuovo approfondimento della sua visione della società. Una forma di “Arte Sociale”, quindi, degna della nostra tradizione pittorica del secolo scorso, i cui riferimenti possono essere trovati in Beckman, Grosz, o, oltre oceano, Hopper. Solitudine, indifferenza, isolamento vengono tracciati con campiture in bianco e nero, sotto la rigida grammatica del graffito, forma d’arte che le nuove generazioni hanno metabolizzato come linguaggio visivo. Storie complesse sintetizzate in un rettangolo di MDF in cui spesso si aprono spazi vuoti da cui un monitor anima la scena. La pittura quindi, saltando a piè pari la terza dimensione si arricchisce di quella quarta dimensione che è il tempo. In questo si nota un superamento di Nam Jun Paik in quanto il mezzo tecnico non è il punto d’arrivo di una ricerca estetica ma mero strumento già assodato, “normalizzato”, per quanto originale; assimilato in un linguaggio complesso e semplice nel contempo. La mostra, coprodotta da Galleria Schubert e Studio Bolzani, è accompagnata da un catalogo con testi scelti da Angelo Bolzani tratti da autori di varia epoca e varia estrazione. Si parte da aforismi di Diderot, passando da Decimo Giunio Giovenale, si arriva a Leo Longanesi. Suggeimenti di riflessione tra ironia e saggezza filosofica a stemperare un tema importante e, forse, trascurato.